Dai 1400 metri di quota della Pineta Ragabo è il momento di scendere a valle. Una giornata in gran parte su stradelle sterrate che all’inizio sfiorano Monte Corruccio (da vedere la grotta omonima, antica bocca effusiva) e quindi attraversano un’ampia zona un tempo coltivata a vigneto ed oggi pienamente riconquistata dalla vegetazione naturale. E’ impressionante vedere piccole strutture di servizio ai vigneti (palmenti soprattutto) che arrivano ben oltre i mille metri di quota, dove le condizioni ambientali erano certamente ostili per i contadini dell’Ottocento e dove oggi domina incontrastato il bosco. In qualche breve tratto si incrocia anche un’ampia “trazzera” di transumanza che utilizzavano un tempo i pastori per spostare le greggi nei trasferimenti stagionali. Si attraversa anche un fondo privato dove sono state realizzate delle strutture di accoglienza degli escursionisti e si continua ancora su comoda stradella. Dopo le case Previtera si svolta a sinistra iniziando a scendere in maniera più decisa. Una volta arrivati in basso, si percorre per un centinaio di metri la cosiddetta “strada di quota mille” e si entra nel campo lavico del 1923, l’eruzione che ricoprì un’ampia zona coltivata. SI cammina allo scoperto sino ad incontrare una stazioncina della Ferrovia Circumetnea (quella di Cerro) utilizzata tuttora come fermata facoltativa del treno. A questo punto si può svoltare a destra e continuare per un centinaio di metri sulla statale 120 sino ad incontrare a sinistra una stradella che consente di scendere direttamente al minuscolo abitato di Catena, frazione di Linguaglossa. Da qui si prosegue ancora per poco sulla strada principale sino ad incontrare sulla sinistra la via Terramiceli, da cui si raggiunge facilmente una delle antiche stradelle interpoderali che consentivano un veloce collegamento con l’abitato principale di Linguaglossa. Giunti a questo punto si incontrano per la prima volta, dalla partenza del trekking, terreni alluvionali, estranei alle attività vulcaniche. Una ultima discesa in mezzo a piccoli poderi coltivati ed ecco finalmente una delle mete finali del nostro cammino: Linguaglossa con il suo centro storico, le sue tradizioni legate alla montagna ed una ragguardevole cultura e pratica della buona cucina.
Se invece arrivati alla stazioncina di Cerro si svolta sulla sinistra la nostra meta diventa Castiglione di Sicilia. Il tratto finale in questo caso è molto affascinante. Si attraversa una zona caratterizzata da ampi noccioleti, ma anche da qualche ristagno di acqua nei periodi invernali come svela il toponimo inequivocabile di “Pantano”. Si cammina quindi sul tracciato della Ferrovia Circumetnea costruito dopo l’eruzione del 1923, quando le autorità del tempo preferirono realizzare una complessa e dispendiosa deviazione rispetto alle zone coperte dalle nuove lave in modo da servire anche l’abitato di Castiglione.
Il tratto di vecchia ferrovia che oggi si percorre è gradevolissimo, benché asfaltato, in quanto largamente ombreggiato e con belle vedute sulla rocca che domina l’abitato di Castiglione, che fu anche insediamento greco proprio per la sua posizione strategica.
Arrivati quasi alla strada provinciale, di fronte al cimitero, si entra in una breve galleria e si punta diritto alla vecchia stazione.
Qui l’ultimo cartello indicatore del Sentiero delle Ginestre avverte che la meta è ormai vicina ed è tempo di scendere finalmente ad ammirare uno dei meglio conservati centri storici etnei.